Cuba, prima che arrivino gli americani

Cuba Diaz Canel Raul Castro

Cuba di Marcello Lorrai è in libreria. In 160 pagine un resoconto agile e brillante sull’Isola Grande dopo l’elezione alla presidenza di Diaz-Canel. Come cambia Cuba, che eredità ha lasciato Fidel e il fratello Raul Castro, all’ombra della politica ambigua di Trump.

Dal capitolo I conigli dei tetti e il surrealismo reale:

Non scorderò mai lo spettacolo che mi si offriva nel febbraio–marzo del ’94 dal balcone della mia camera al ventiduesimo piano dell’Habana Libre. Non mi riferisco al romanticismo delle albe e dei tramonti che per la prima volta vedevo nei Caraibi: erano i primi mesi, e tra i più duri, dell’anno più duro del período especial en tiempo de paz, il “Periodo speciale in tempo di pace” proclamato dal regime per fronteggiare i tremendi effetti su Cuba del collasso dell’Unione Sovietica. Dall’alto di quello che solo per poco era riuscito a essere l’Hilton Habana – inaugurato nel marzo 1958, e nel gennaio del ’59 diventato il quartier generale dei barbudos appena entrati nella capitale – con lo sguardo potevo prendere d’infilata la calle 23, una delle principali arterie della circolazione a vanera. E potevo nettamente distinguere ogni singola persona che, magari due chilometri più in là, attraversava la strada. Perché la calle 23 era completamente deserta di macchine. Non c’era carburante: e, peggio ancora, non c’era niente da mangiare. Cuba tratteneva il respiro, cercando di sprecare meno fiato possibile.