L’ Africa non è più la terra dolente del mancato sviluppo, della fame, della siccità, dei colpi di stato e delle violenze etniche. O almeno non è più solo questo. È un continente che freme per le grandi opportunità, le formidabili (e sbilanciate) crescite economiche, il più dinamico sviluppo demografico del pianeta, le prospettive di globalizzazione minacciate in vaste aree dal terrorismo jihadista. L’Africa, dall’Atlante a Cape Town, dalla Casamance al Corno, passando attraverso il Sahara e tutte le sue stupefacenti contraddizioni, è anche terreno fertile per le imprese emergenti della Green economy e dell’Hi-tech del mondo intero. Ma è anche il punto di partenza di una migrazione senza precedenti. Ecco la realtà autentica di un popolo con cui dovremo convivere in modo sempre più massiccio. Meglio conoscerlo in tempo.
Estratto dal testo
Laurent non era certo l’ultimo arrivato, non era il prodotto di un villaggio sperduto ai limiti della foresta o di una remota savana, non era il figlio incontaminato di un paese che aveva avuto pochi contatti con l’Occidente. Tutt’altro: aveva frequentato scuole d’élite e studiato in Francia, dove aveva fatto stage nei principali quotidiani, e nel suo paese svolgeva una professione che lo metteva regolarmente in contatto con colleghi europei. Dunque, apparentemente, avrebbe dovuto essere plasmato e permeato dalla cultura occidentale. Invece conservava quell’attenzione e quella sorta di adesione profonda alla cultura autoctona che la storia, evidentemente, non aveva affatto cancellato.
(dal capitolo “Etruschi”)